VITO VACCARO
Sculture e dipinti
Galleria "Arianna Sartori"
Mantova - via Ippolito Nievo, 10
(9 - 21 ottobre 2010)
Trattasi dell'autentico recupero di questo eclettico maestro della prima metà del secolo scorso.
In galleria sono esposte alcune sculture in bronzo, dipinti ad olio e acquerelli rimasti a lungo devotamente custoditi presso l'archivio di famiglia a Milano e riproposta, dopo la mostra milanese del 2009 curata da Domenico Montalto.
Il Prof. Vito Vaccaro è stato professore di disegno nella R. Scuola Tecnica e nel R. Istituto di Mantova e nel luglio 1920 ha realizzato una mostra personale al Circolo Cittadino di Mantova.
La mostra è supportata da un importante volume biografico, stampato da Mazzotta edizioni con testi critici di Domenico Montalto e una testimonianza di Marcello Cesa-Bianchi, che, come prima pubblicazione dedicata all'artista, rappresenta un primo palinsesto attendibile, attraverso la documentazione di un congruo numero di opere, sia plastiche sia grafiche sia pittoriche.
Fra verismo e classicismo. Accademia e modernità nell'opera di Vito Vaccaro
...L'opera di Vaccaro va interpretata in relazione all'esperienza e alla lezione di artisti del Sud Italia come Filippo Palizzi, Giuseppe De Nittis, Francesco Paolo Michetti, Michele Cammarano, Vincenzo Gemito, che seppero intercettare le epocali novità del moderno tramite una poetica figurativa caratterizzata da un attento studio della realtà e da una ricerca del vero sentita come suggerimento di genere ma anche e soprattutto come scelta etica.
La personalità di Vaccaro risulta decisamente orientata verso quella che Luigi Capuana, uno dei padri della letteratura verista, chiamò "poetica del vero". Anche l'ambiente in cui egli si forma come giovane artista - la natia Palermo dei primi due decenni del Novecento - era allora immersa nel clima culturale del verismo meridionale, quello della Sicilia descritta nelle pagine dello stesso Luigi Capuana, di Giovanni Verga, di Federico De Roberto; della Napoli di Salvatore di Giacomo e di Matilde Serao; della Sardegna di Grazia Deledda; in analogia a quanto avveniva in campo musicale col melodramma di Leoncavallo. Ritroviamo costante nell'opera matura di Vaccaro l'interesse non a soggetti "aulici" ma piuttosto alla realtà ordinaria della vita, al mondo del popolo, dell'infanzia, degli animali, guardato senza atteggiamenti pietistici ma con partecipazione e compassione autentica. Tale coinvolgimento d'animo e di sentimento, sempre apprezzabile all'esame dei suoi lavori, dalle memorabili sculture alla prolungata stagione della pittura, discosta e distingue Vaccaro rispetto a quel "principio dell'impersonalità"teorizzato dal verismo, assegnandogli una nicchia particolare nell'ambito di un filone culturale che, dall'unità d'Italia fino alla metà del XX secolo, interessò varie generazioni di artisti.
Scuola napoletana e scuola palermitana sono perciò l'ambito ideale in cui Vito, ragazzo irrequieto dal talento chiarissimo (era nato il 15 aprile 1887), comincia la propria formazione intraprendendo quell'avventura artistica che, dopo la parentesi della prima guerra mondiale, lo porterà ad affermarsi a Milano, esattamente com'era accaduto alcuni anni prima a un suo illustre conterraneo, lo scrittore Giovanni Verga. Ciò premesso, constatiamo che gli esordi giovanili di Vaccaro lo vedono operare nell'ambito pressoché (anche se non del tutto) esclusivo della scultura: è principalmente l'arte plastica che lo fa subito apprezzare nel milieu artistico palermitano, come attestano fonti, cronache e documenti dell'epoca. Dopo aver frequentato - vincitore di una borsa di studio - l'Accademia di Belle Arti, dov'è allievo dello scultore accademico Mario Rutelli (1859-1941), autore in città di numerosi monumenti pubblici improntati alla retorica post risorgimentale e unitaria, Vaccaro riceve nell'ottobre 1913 al Teatro Massimo un primo significativo riconoscimento: risulta infatti primo classificato al concorso dell'Istituto di Belle Arti. Nell'occasione, una recensione del "Giornale di Sicilia" così scrive: "Grazioso un gesso del Vaccaro, Bimbo che ride". L'anno seguente, il 28 febbraio, sempre al Teatro Massimo, gli viene conferita da parte dell'Associazione nazionale insegnanti di disegno, la medaglia d'argento "per le sue opere di scultura", come recita la motivazione ufficiale redatta dalla commissione, formata dal fior fiore dei docenti di allora. A questa data, le opere dell'artista, che può fregiarsi del titolo di "professore", denotano le virtù peculiari dello scultore di razza: disegno fermo e consapevole, modellato sorvegliato e delizioso, in piena consonanza di soggetti col sentire verista...